Davide Lopez e Loretta Zorzi Meneguzzo. La sapienza del sogno

Davide Lopez e Loretta Zorzi Meneguzzo. La sapienza del sogno

Uno studio attento dal lavoro di Lopez e Zorzi Meneguzzo ci fa capire che i nostri sono molti più che due rinnegati che vogliono abbattere il sistema. Sempre stimolante e pieno di spunti, il loro pensiero si basa su un’accurata rilettura della teoria e della pratica analitica alla luce della loro esperienza clinica…

La sapienza del sogno è un eccellente esempio di questo approccio che rende il lavoro di Lopez e Zorsi Meneguzzo così stimolante e prezioso. Anche  se il fulcro del libro è la ricostruzione della struttura e della funzione del sogno nella vita mentale, in quest’opera c’è molto di più. in modo estremamente interessante Lopez e Zorzi ci invitano a ripensare la teoria strutturale, in particolare il contributo dell’attività  mentale preconscia alla vita della veglia e al sonno. Secondo i nostri autori, il preconscio è fonte di vitalità e creatività oltre che dell’essenziale consapevolezza in opposizione alle intuizioni sterili e intelletualizzate prodotte da un eccesso di coscienza. E’ il preconscio che consente l’arricchimento della comprensione di noi stessi e il realizzarsi di cambiamenti significativi.

 dalla prefaziondi Theodore J. Jacobs 

 

I sogni sono un aspetto importante di un nostro dialogo interiore. Ma come interpretarli? come sfuggire alla facili suggestioni, alle decodificazioni semplici ma ingannevoli? Non siamo tutti psicoanalisti, ma alcuni strumenti di base possiamo impararli.  Questo libro aiuta a farlo con il supporto di un approccio serio ma semplice. Dal sogno si impara a sostare più confortevolmente nella veglia. Ca pire il linguaggio immaginifico dei sogni è un compito possibile per ciascono di noi, soprattutto se ci apriamo al dialogo creativo con la nostra coscienza. La concezione sapientemente elaborata dagi autori costituisce il più innovativo approccio alla comprensione dei sogni. La vita è anche sogno e accogliere questa concezione come un dono renderà più lieve il nostro cammino.

 

Le tracce del Sogno

Infatti, ogni volta che mi avvicinavo all’idea di scrivere qualcosa, mi sembrava di non riuscire a pensare. Si bloccava il pensiero e non riuscivo a cominciare. Mi sentivo come quella volta che, camminando quasi spersa tra le nostre montagne, cercavo con crescente preoccupazione un sentiero che non riuscivo a trovare, a vedere. Cercavo segnali, tracce.

 

Come allora, ho provato a fermarmi, e ritornare un po’ indietro, ma questa volta nel tempo. A quando prima di convegni o congressi nei quali era prevista la presenza di Davide Lopez, e nei quali avrei dovuto esporre anche il mio pensiero, ricevevo una telefonata da lui.

 

Il motivo era soprattutto e formalmente di tipo logistico ed organizzativo, ma in quelle telefonate ritrovavo sempre una traccia, che sembrava essere scivolata lì quasi per caso, che mi permetteva di iniziare piacevolmente il mio lavoro. Mi sentivo sulla strada giusta.

 

Probabilmente proprio questo mi mancava adesso, ma ancora non mi era del tutto chiaro. Mi mancava l’offerta di quella traccia su cui lavorare, mi mancava quella telefonata quasi confidenziale, mi mancava qualcosa di cui non ero completamente cosciente.

 

Così, qualche giorno fa, e ormai non mi restava molto tempo, mi sono svegliata al mattino con il ricordo di un breve e semplice sogno.

 

In questo sogno ricevevo una telefonata da un collega che non vedo da tempo, che, con tono quasi affettuoso, mi diceva qualcosa di cui non ho serbato il ricordo.

 

Mi ero svegliata stranamente serena e contenta. Cosa, per vari motivi, piuttosto inusuale in quei giorni. Stupita, mi sono soffermata sul sogno. Ho ripensato al collega, e improvvisamente ho colto in lui un particolare, una somiglianza che mi era sempre sfuggita: aveva gli occhi azzurri come il dr.Lopez, di un azzurro intenso, profondo. E sorridendo tra me, ho pensato che, in fondo, anche questa volta avevo ricevuto la mia telefonata.

 

Il sogno, scrivono gli autori di questo libro, è innanzitutto manifestazione di transfert, e si manifesta come ‘realtà virtuale che realizza i desideri del sognatore come vuole Freud, ma anche ….. cerca soluzioni adeguate per problematiche esistenziali’. E così ho letto il mio sogno, e trovato una soluzione possibile.

 

Ho potuto allora cominciare ad occuparmi di cosa scrivere per presentare questo libro, che, per chi non avesse letto la prima edizione, parte da un’accurata rilettura dell’Interpretazione dei sogni di Freud, per passare ad affrontare altri autori, quali Donald Melzer, con cui, pur nelle differenze, viene condiviso il pensiero che ‘il passaggio dalle persistenti fantasie ad occhi aperti alla capacità di sognare è un indice di potenziale guarigione’,  come più volte anche a me è capitato di riscontrare in alcune terapie; Giordano Fossi, Allan Hobson con cui vengono affrontati temi di neurobiologia del sonno.  E ancora Erich Fromm, con cui gli autori condividono la posizione generale secondo cui ‘..nei nostri sogni diventiamo i creatori di un mondo in cui lo spazio e il tempo,.., non hanno alcun potere’.  E Hanna Segal la cui originalità di pensiero è strettamente connessa alla riflessione sul significato del simbolo. Con  Ernest Aeppli gli autori si confrontano con la vasta letteratura junghiana sul sogno. Il risultato degli incontri con gli autori appena citati è un confronto serrato tra posizioni distinte, a volte convergenti, il più delle volte divergenti, ma che riesce comunque ad evidenziare  gli aspetti più originali e interessanti della ricerca sul sogno.

 

Nella lettura ci si trova così coinvolti in un grande e coraggioso viaggio di ricerca sulla letteratura del sogno e sul sogno stesso, che viene concepito ed esplicitato come creazione dialogica tra un preconscio, il grande organizzatore della vita psichica, costruttore di una realtà virtuale, e un sé sognante.

 

Ma, come osserva Jacobs nella sua prefazione al libro ‘se il fulcro del libro è la ricostruzione della struttura e della fun­zione del sogno nella vita mentale, in questa opera c’è molto di più’. Si spazia infatti dal mito, con una affascinante e originale rilettura del rapporto tra Antigone e Creonte, e la neurobiolgia del sonno, e mi sono sentita in profonda sintonia con le osservazioni di questo grande psicoanalista americano anche nella dimostrazione di grande stima e affetto che traspare dal suo scritto. Una prefazione, quella di Jacobs, che avrei avuto la tentazione di ripetere pari pari, in quanto mi sembrava che in poche pagine fosse condensata l’esperienza della lettura del libro.

 

E ho rischiato di diventare come quel Pierre Menard, descritto da Jorge Luis Borges in uno dei racconti di Finzioni, che ‘dedicò i suoi scrupoli e le sue veglie a ripetere in un idioma estraneo un libro preesistente’.  Insomma, avrei voluto aver scritto io quella prefazione, che, a questo punto, posso solo invitarvi a leggere.

 

Nella terza parte del libro, La via del Sogno, gli autori descrivono e chiariscono ulteriormente la loro posizione secondo cui ‘il sogno rappresenta la forza libidico-emotiva della vita stessa che per i Greci era manifestazione, aletheia, transfert’. E da questa concezione ne consegue che il sogno, proprio perché espressione di volontà di vivere, si manifesta otre che nel sonno anche nella veglia. Così, discutendo i sogni dei loro pazienti, ci presentano e descrivono i protagonisti del sogno, che per loro sono essenzialmente due: il preconscio, che costruisce ‘una realtà virtuale composta di immagine animate di persone e oggetti che hanno… anche significato simbolico’ ed un Io sognante, candido e ingenuo che, proprio per la sua caratteristica di non stupirsi, ‘non fugge di fronte a quelle situazioni incongrue e paradossali..che il preconscio gli pone davanti’.

 

Dalle loro posizioni e dai loro esempi, in buona parte già  presenti nella prima edizione, avevo preso spunto per affrontare nella terapia con una mia paziente, che presentava un importante disturbo depressivo insorto dopo il suicidio del fidanzato, la comparsa dei primi sogni, chiari segnali di un risveglio alla vita.

 

Di questa paziente, che chiamerò Elisa, avevo già parlato in lavoro di qualche anno fa, ma ne riparlo con piacere adesso, a terapia conclusa, anche perché, oltre ad un risultato finale nel complesso soddisfacente, all’ultimo incontro era arrivata con un regalo per me, un libro, che appena preso in mano, pensai subito fosse, casualmente o preconsciamente, in relazione proprio con quei primi sogni. Erano stati, allora, tre sogni comparsi in rapida successione, nel secondo anno di terapia, nei quali il preconscio sembrava condurre l’io sognante della paziente, immerso in una realtà virtuale ancora distruttiva e minacciosa, verso una via di uscita, verso la salvezza.

 

Nel primo sogno Elisa si trova ai bordi di una catastrofe, un grande ‘cataclisma’ aveva distrutto e inghiottito una intera città, era tutto distrutto, realizza di essere sopravvissuta e pensa, con angoscia, di essere l’unica superstite. Ma, guardandosi attorno, si accorge con stupore di non essere  sola, e vede me poco lontano che, piano piano,  la sto guidando in salvo, verso una parte della città che, improvvisamente, le appare, quasi inspiegabilmente, intatta.

 

‘Dal nostro vertice di osservazione , affermano Lopez e Zorzi , il contenuto manifesto – che compende tutto il sogno, è il sogno stesso, quale espressione sintetica del rapporto dinamico tra i due protagonisti del sogno – è sintesi dei diversi livelli espressivi del sogno ed anche del non detto, non rappresentato, non pensato.’

 

E’ quindi questa capacità di sintesi tra i diversi livelli espressivi del sogno che rende così importante per gli autori il contenuto manifesto: se infatti appaiono, nel contenuto manifesto, i conflitti centrali del paziente, appaiono anche i tentativi di soluzione di questi conflitti, tentativi elaborati dall’io ma anche e soluzioni che vengono formulate preconsciamente.

 

E il contenuto manifesto del sogno rappresentò realmente per Elisa la possibilità concreta di pensare ad una possibilità di uscita dalla situazione in cui si sentiva immersa, schiacciata, ed accorgersi di aver costruito nel tempo una relazione sufficientemente solida e di fiducia con me. Il nostro lavoro aveva avuto dall’inizio come linea di condotta una particolare attenzione al confronto sul qui e ora, cercando un’immagine positiva sulla possi­bilità di produrre cambiamenti e che potesse dare origine a trasformazioni significative. I due sogni successivi confermeranno queste posizioni raggiunte e porranno la paziente di fronte, per la prima volta e dopo tanto tempo, al dolore del ricordo ed anche, finalmente, alla possibilità del suo superamento.

 

‘Tre sogni prima del risveglio’ era il titolo che avevo dato, allora, alla relazione su questa paziente.

 

All’ultima seduta arrivò, orgogliosa e contenta dei risultati raggiunti con il regalo, un libro per me, dal titolo ‘Tre tazze di tè’. Sul retro della copertina una spiegazione del titolo: la prima volta che bevi un tè con uno di noi sei uno straniero, la seconda un ospite onorato; la terza sei parte della famiglia’.

 

In uno degli ultimi incontri mi aveva detto ‘mi sono sentita accolta e ascoltata, come se lei fosse mia mamma, – mi guarda, sorride, e aggiunge- ma la mia mamma, forse, non mi ha mai ascoltata’.

 

Tre sogni  che, come le Tre tazze di tè, avevano aperto la via alla relazione.

 

Ritornando  alla ‘Sapienza del sogno’, Jacobs fa notare come ‘l’analisi sagace che Lopez fa dei suoi sogni’ ‘ricorda l’autoanalisi freudiana dell’Interpretazione dei sogni e offre al lettore una spiegazione convincente della validità del suo approccio.’ Ed ho trovato molto interessante, a completamento dello studio degli stati del sonno e del sogno, l’ultimo capitolo dove Loretta Zorzi ci propone le sue osservazioni sull’incubo e la loro relazione con gli stati dissociativi. L’incubo appare come una particolare forma di dissociazione, e permetterebbe ‘all’Io del sognatore di comunicare, in qualche modo, con i suoi sé non riconosciuti, silenti, inascoltati, e poter così stabilire un dialogo, a volte soltanto implicito, preconscio, con essi’.

 

E questo mi sembrava potersi integrare con quanto scrive Ogden: ‘quando al di là di un certo punto, troviamo insostenibile pensare/sognare la nostra esperienza, se siamo fortunati, c’è un’altra persona che è disponibile e capace di impegnarsi con noi nel processo di sognare la nostra precedentemente non sognabile esperienza’.

 

Concluderei questa breve presentazione, utilizzando ancora le parole di Jacobs: Lopez e Zorzi vogliono scuoterci, costringerci a pensare e ripensare alle idee che ci sono state insegnate e che abbiamo incorporato nel nostro lavo­ro spesso senza pensarci bene. Non c’è dubbio, quindi che La sapienza del sogno sarà un’esperienza eccezionale anche se non necessariamente facile. Il lettore sarà messo alla prova e spesso sarà sconcertato, ma ne trarrà grande gratificazione, perché questo libro è uno dei saggi più originali e creativi che siano stati pubblicati nel nostro settore negli ultimi anni…’

 

In fondo ‘Sognare – (sia da noi stessi o con un’altra persona) – è la nostra più profonda forma di pensiero’. (T.Ogden 2009).

Carla Cremonese